E anche questo sarà un post leggerino. In questi giorni mi è proprio impossibile scrivere una recensione come si deve, domani ho un esame – che non passerò, ma se non lo tento poi mi sento in colpa – e non ho abbastanza tempo per produrre alcunché di decente. Rischierei di svicolare, affrettare, smorzare, tagliare e postare un feto di recensione pieno di orrori grammaticali e d'ortografia. Ultimamente mi è stato fatto notare quanto spesso io scriva 'pò' invece di po'. È vero, è una pecca che mi porto dietro da tempo immemore. Quando ci faccio caso, scrivo giusto. Altrimenti, mi ritrovo un testo pieno di 'pò''. Mah.
Comunque, almeno in questo post parlerò strettamente di libri. Tolte le lamentele da studentessa fuori corso che cerca di scaricare la propria inadeguatezza sui professori o sull'università in generale.
Negli ultimi tempi mi chiedo spesso cosa facciano le case editrici per incrementare il numero dei propri lettori. Non quelli già esistenti, i lettori del futuro. I bambini. I marmocchi. Quelli che oggi si scaccolano ma che un domani potrebbero desiderare in casa la bibliografia di Kafka o l'opera omnia di Pasolini. Cosa stanno facendo le case editrici maggiori – in sostanza, quelle che possono permetterselo – per investire sui giovanissimi? E la risposta è, sorprendentemente: boh. Niente.
Voglio dire, sappiamo tutti che l'editoria è in crisi. E sappiamo anche che una delle cause primarie sta nel calo del numero dei lettori e conseguentemente delle vendite. È un collegamento abbastanza lineare, no? Tralasciamo anche il fatto che ormai per farsi una libreria come si deve bisogna ipotecarsi un rene e andiamo avanti.
Io non vedo le case editrici che si svenano e si interrogano su come incrementare il numero dei lettori giovani. Un ventenne che non ha mai aperto libro è un ventenne ormai perduto (come lettore). Ma un ragazzino delle medie? E soprattutto, un bambino delle elementari? Pescateli, andateli a cercare, strappateli dal giogo della Nintendo finché potete, no?
Quanto può costare indire concorsi di lettura o di recensione per le scuole elementari e medie? Anche mettendo in palio del denaro per invogliare i fanciulli, quello che per un adulto sarebbe poco più che un premio simbolico, per un bambino sarebbe più che allettante. Facciamo cento euro per quello che scrive la recensione migliore su un libro preso da una lista di case editrici partecipanti. Oppure la migliore continuazione di un incipit. O per la classe che legge più libri, magari facendo partecipare i finalisti ad un quiz insieme alle maestre. O magari la migliore raccolta di racconti, con la pubblicazione come premio.
Quando ero alle elementari non sapevo quanto fossi fortunata ad avere la maestra Enrica come insegnante d'italiano. Sono quasi tentata di andarla a ringraziare personalmente. Mi verrebbe da spedirle un mazzo di fiori e un componimento in rima baciata. La nostra biblioteca scolastica era fornitissima, ci faceva spesso scrivere temi di fantasia, ha perfino chiamato Gianni Rodari perché venisse a fare una chiacchierata con noi. Un'altra volta, tutta la mia classe è stata portata in visita ad una libreria della zona perché il libraio ci leggesse una storia.
Alle medie, poi! Lasciata la maestra Enrica – che mi riempiva di note quotidianamente perché non c'era giorno che non mi dimenticassi un compito o un quaderno – capito, in prima media, nella classe della professoressa Rosaria L. Buona parte dei compagni di classe dell'epoca ormai erano avariati, come lettori, perché alle elementari nessuno si era curato di forgiarli adeguatamente. Ma la prof. Rosaria ci provava. Ogni anno portava parte della classe ad assistere alla premiazione del Premio Bancarellino. Ci faceva leggere e commentare libri, proponeva le nostre opere a concorsi provinciali o comunali. Ho ventitré anni, adesso, ma appena un paio d'anni fa la prof. Rosaria mi ha chiamata al telefono dicendomi che aveva due biglietti gratis per una rassegna culturale. Dove la trovi, una professoressa così?
Il punto è che non si può pretendere che un bambino insegua di propria iniziativa la lettura. Non tutti hanno la fortuna di avere dei genitori che ti rimpinzano di libri, che ti spingono verso la lettura facendotela vedere come un piacere e non come una tappa forzata prima del raggiungimento dell'agognato video-game. A volte ci vuole una spinta in più, come quella che la maestra Enrica e la professoressa Rosaria hanno cercato di darci. Non ho molti contatti con i miei compagni delle elementari. Certo, a stando a quanto Facebook mi comunica qualche imbecille c'è. È anche una questione di percentuali, c'è poco da fare. Ma la percentuale di lettori è sorprendentemente alta, considerando le falle culturali della nostra generazione, gonfia di Moccia e avida di porno-Harmony-finto-dark.
Ora, case editrici – che, sfortunatamente, non siete in ascolto – che vi costa spendere una bazzecola oggi per investire sul futuro, non solo dei giovanissimi lettori, ma soprattutto sul vostro? Madama Salani, Messer Rizzoli, Miss Elliot, Conte di Feltrinelli, ma ci pensate a quello che state perdendo per ogni giorno che passate nell'immobilità? Prendete due stagisti, pagateli con l'aria e una voce sul curriculum e fategli organizzare qualcosa. Qualsiasi cosa. Magari, su una classe di venti alunni, qualcuno scoprirà che partecipare al concorso gli è piaciuto. Che leggere non era quella noia mortale che si aspettava, si scoprirà affamato di lettura abbastanza da posare per un attimo il Nintendo-Ds e farsi una scorpacciata di libri. Andateli a cercare, questi lettori, scovateli, fategli la corte, non fingete che la loro libro-fobia non vi riguardi. Perché voi dipendete da quell'uno su venti.