Edito dalla Minimum
Fax nel 2011, ottima traduzione di Damiano Abeni e
Moira Egan. Anche se la pignoleria mi costringe ad ammettere
di aver trovato quelle che credo siano 'false friend'. Ma giusto un
paio, giuro.
Allora, l'idea che mi ero
fatta di questo libro non ha molto a che vedere col libro stesso.
L'avevo scelto per regalarlo a mia zia, non ricordo se per Natale o
per il suo compleanno. Me lo figuravo come una lettura leggera,
simpatica, divertente. Calorosa. Poi mi è stato prestato e ci sono
volute ben poche pagine perché capissi quanto mi fossi ingannata.
Appena l'ho finito, ieri pomeriggio, sono uscita di casa per andarmi
a procacciare altri libri della Bender in libreria. Tristemente c'era
solo questo, ma non tarderò a ordinarli.
Dunque, Rosie è la
protagonista e la narratrice delle vicende. Il libro parla di lei,
della sua famiglia, del suo bizzarro 'potere' e di come questo la
porti a relazionarsi con gli altri. Immagino che abbiate già sentito
parlare di questo libro e che quindi siate già a conoscenza del
'dono' di Rosie: percepire le emozioni di chi prepara il cibo che
mangia. Le capita la prima volta a nove anni, quando servendosi di
una fetta di dolce preparato dalla madre, si sente riempire da
sentimenti che non le appartengono. E non è che i sentimenti della
madre fossero i più semplici da digerire, per una bambina di nove
anni. Angoscia, solitudine, irrequietezza. Il terrore di Rosie nei
confronti del cibo, la sua ricerca di prodotti confezionati mai
toccati da mano umana, la paura con cui avvicina ogni boccone alle
labbra. I biscotti arrabbiati, il toast pieno d'amore. 'Toglimi la
bocca'. A crederle è soltanto il migliore amico del fratello Joseph,
George. Sia George che Joseph sono geni e si vedono continuamente per
studiare insieme, lanciandosi problemi matematici piuttosto che una
palla. Nell'impossibilità di spiegare al meglio quale sia il suo
potere, Rosie decide di non parlarne e basta, facendo del suo meglio
perché la cosa non dia problemi a nessuno. Ma attraverso il cibo,
continua a vedere e sapere cose che le fanno male.
Il fulcro del romanzo non
è sempre il potere di Rosie. Si sposta su Joseph, il fratello genio
e disadattato, sul rapporto simbiotico di Joseph con la madre e tra
la madre e il padre. Questo libro avrebbe potuto funzionare
perfettamente anche senza il dono di Rosie. Non lo dico perché non
l'abbia gradito, ma per sottolineare il fatto che la Bender non si
sia limitata a far ruotare la trama attorno ad un'unica bizzarria, ma
che abbia anzi costruito tutto un mondo di legami ed emozioni
indipendenti da quanto potrebbe, da solo, reggere tutto un libro.
Una delle cose che ho
apprezzato di più è il fatto che la Bender abbia scritto anche
quanto non è scritto. Cioè, leggendo ci si rende conto chiaramente
di cose che la Bender ha voluto raccontare col silenzio,
lasciandocele scivolare addosso, nascondendole dietro altre parole.
Come se avesse disegnato un sottilissimo spicchio di Luna, però
guidando la nostra attenzione verso la parte in ombra.
Lo stile è
particolarissimo. I trattini indicatori dei dialoghi sono assenti e
questi sono semplicemente incorporati nel testo, come se tutto il
libro fosse un lunghissimo monologo in cui le parole degli
interlocutori appartengono sempre a Rosie. Curiosamente non ho
trovato la cosa minimamente fastidiosa, né la lettura è stata
disturbata. Però mi dava una strana sensazione, come se il racconto
fiorisse direttamente nella mia mente. Non so bene come spiegarlo,
era come se fosse frutto dei miei pensieri.
Che altro dire? Negli
ultimi tempi le librerie sono state invase da libri sul cibo. Ricette
segrete, cucine segrete, ingredienti magici e quant'altro. Perciò è
facile che un libro che si presenta con una grossa fetta di torta in
copertina possa finire per essere annoverato erroneamente in mezzo a
tutti gli altri. Però questo libro non è 'come tutti gli altri'.
Non è una lettura gioiosa e simpatica, un siparietto odoroso di
cioccolato, una dolce storia d'amore. Proprio no. È un libro
meraviglioso, sfaccettato, a tratti doloroso, ma non duro. È
commovente, è... è tante cose che non riesco a spiegare.
Quindi ve lo consiglio.
Di brutto. E ripetutamente. E prima di andare a lezione, quasi quasi
faccio un passo in biblioteca.