Mi
sto assentando parecchio dal blog, negli ultimi tempi. In realtà mi
sto allontanando da tutto ciò che implica una certa dose di
interazione sociale, credo che sia il mio modo di recuperare dopo un
periodo di studio intenso. Anche se in realtà sono nuovamente in un
periodo di studio intenso, solo per un esame diverso.
Yeee.
Dunque,
Gli innamorati di Sylvia di Elizabeth Gaskell,
traduzione – davvero, davvero bella – di Mara Barbuni,
edito dalla Jo March più o meno il mese scorso.
Ora,
avevo adorato Nord e Sud, con quell'atmosfera grigia e nebbiosa e un
sapore Charlotte-Brontiano. Ecco. Gli innamorati di Sylvia non niente
a che vedere con Nord e Sud per quanto riguarda atmosfere e
ambientazioni, men che meno per le storie e i caratteri dei
personaggi. Mi ha anzi ricordato moltissimo George Eliot, che adoro e
temo.
Le
vicende hanno inizio nel 1796. È in corso una guerra con la Francia,
e la Gaskell ci svela un'orrenda, ancorché poco nota, usanza
dell'epoca, quella delle bande di coscrizione. Gruppi di soldati
armati il cui compito era catturare e rapire uomini per costringerli
a unirsi all'esercito, dal quale i membri della banda avrebbero poi
riscosso una ricompensa, dopo aver condannato quei disgraziati a
partire per la guerra senza la possibilità di spiegare, salutare, e
nemmeno avvertire, le famiglie. Gli sfortunati presi dalle bande
venivano dati per dispersi, potevano passare anni prima che
riuscissero a tornare alle proprie case. Se poi riuscivano a tornare,
beninteso.
Monkshaven
è un paese di ridotte dimensioni nel nord dell'Inghilterra, la cui
economia si basa e prospera unicamente sulla caccia alle balene. Le
bande di coscrizione lo temono, perché i suoi abitanti sono
coriacei, orgogliosi, battaglieri.
E
dopo aver spiegato queste cose, la Gaskell ci porta nella vita di
Sylvia.
Sylvia
è bellissima. È anche allegra, vivace, impulsiva e un po' tonta.
Vive con la saggia madre e il padre... beh, non è facile descriverlo
senza darne un'idea negativa, anche se non è davvero nelle mie
intenzioni. Diciamo che Sylvie ha preso da lui la propria impulsività
e l'allergia alla riflessione. È un brav'uomo rumoroso e
influenzabile, burbero ma buono.
Dicevo.
Sylvia è stupenda, ed è difficile non innamorarsene. Philip
Hepburn, il cugino, la adora disperatamente fin da quando erano
piccoli, in modo tanto asfissiante che lei arriva a non sopportarlo.
Poi c'è Charley Kinraid, il famoso ramponiere che ha osato sfidare
la banda di coscrizione al suo ritorno dalla caccia alle balene, ed è
quasi morto con una pallottola in corpo.
Seguiamo
sia Sylvia che Philip. Ed è strano vedere quanto cambino nel corso
del libro, man mano che la storia va avanti e, dallo sfondo di una
vita di campagna allegra e scanzonata, si scivoli poco a poco verso
toni più cupi. Sylvia si innamora del ramponiere Kinraid che pare
ricambiarla, Philip insegue il successo nella bottega in cui lavora –
detto così non suona propriamente come 'successo', ma si tratta del
negozio più in vista di Monkshaven – essenzialmente per sentirsi
degno, un giorno, di dichiararsi alla cugina.
È
un libro lungo, ed è giusto così, perché narra di un arco
temporale di diversi anni, e sono tanti gli avvenimenti da
raccontare, così come le loro ripercussioni. Non posso dirne
granché, perché buona parte di quello che succede è inaspettato e
capita a lettura avanzata.
Quindi
della trama non dirò altro, ma mi va di fare un breve appunto sulla
capacità della Gaskell di cambiare così tanto da un libro
all'altro, sia come ambientazione che per le caratterizzazioni quasi all'opposto. E sulla sua capacità di affibbiare ai suoi personaggi positivi così tanti
difetti, e nel non rinnegarli per i loro errori. Sylvia è tonta e
ineducata, ma buona. Philip è un codardo che non cessa di
tormentarsi. Il padre di Sylvia è logorroico e rancoroso, ma 'ha il
cuore dalla parte giusta'.
La
traduzione, tra l'altro, è davvero bella. All'incontro al Salone del
Libro, le Jo March hanno raccontato di come sia arrivata loro da una
ragazza che l'aveva portata come tesi di laurea, e che si diceva
davvero lieta che qualcuno finalmente avesse portato in Italia, con
la dovuta dignità, un'autrice come Elizabeth Gaskell.
Ne
sono contenta pure io.
E
spero vivamente che vengano tradotti tutti i lavori di quest'autrice.
Direi
che concludere con un 've lo consiglio spassionatamente' sarebbe
riduttivo.