Il Salone delle Parche

Beh, non c'è molto da dire. Rischiano di venirti in mente strane storie, quando vai dalla parrucchiera con un libro di Neil Gaiman a farti compagnia.



La giornata era stata pesante e proficua, e lo testimoniavano gli alti cumuli di capelli che spuntavano dalle numerose pattumiere rosa confetto. Le postazioni erano appena state ripulite e un dolce profumo floreale contrastava l'odore chimico e pungente pungente delle tinte.
Norma fumava una sigaretta al mentolo, lunga e sottile. Era affaticata, mezza stesa sul bancone ancora invaso di piastre per capelli, phon e creme dall'odore troppo intenso, ma la sua pettinatura era ineccepibile, nemmeno un ricciolo candido aveva osato spostarsi nel corso della giornata.
Moira stava passando la cera per pavimenti in silenzio, anche se dentro di sé non riusciva a impedirsi di canticchiare la filastrocca che una bambina aveva continuato a mormorare mentre le stringeva i capelli attorno ai bigodini e la piazzava sotto il casco per acconciarle i riccioli in una treccia troppo elegante per i suoi sette anni. Era una filastrocca simpatica, su un maiale che si crede un cane e si sforza di abbaiare. Le sarebbe piaciuto avere per casa un bambino abbastanza piccolo, cui poterla cantare senza attirarsi occhiate di rimprovero.
  • Beh – fa dopo un po' la Nonna, appoggiandosi con un sospiro allo schienale della comodissima color porcello, che era l'unica a non aborrire – Direi che è stata una buona giornata.
  • Anche troppo. - sospira la Madre, appoggiandosi col mento al bastone – Sono un po' a pezzi.
Norma annuisce, compartecipe.
  • Lasciamo tutto così com'è, ci penserà Morrigan a mettere tutto in ordine. Così impara a scapparsene nel bel mezzo di una permanente. - sbuffa Norma.
  • Più facile che rifili tutto a Guglielmo. - le fa notare l'altra, riprendendo a strofinare con forza lo straccio sul pavimento – E lui un sacco di compiti da fare.
  • Ultimamente siamo troppo indulgenti con S... Morrigan. - brontola Norma, incrociando le braccia al petto.
Moira trattiene a fatica un sorriso. La Nonna si era opposta al cambio di nome della piccola Morrigan per mesi, e si era infuriata quando questa era arrivata a casa non soltanto con un piercing nuovo fiammante, ma annunciando che era stanca di farsi chiamare 'Skuld', che sembrava tanto un'onomatopea per una porta poco oliata che viene sbattuta. A Norma piaceva indossare i panni della nonna brontolona, ma Moira sapeva di essere lei, quella che la Figlia temeva più di chiunque altro. Non a caso era andata a confidarsi con Norma prima che con lei quando aveva scoperto, contro ogni plausibile aspettativa, di essere incinta.
  • I tempi sono cambiati. - commenta con un'alzata di spalle.
  • Non mi piacciono, i tempi che cambiano. - borbottò la Nonna, accomodandosi meglio sulla poltrona, che emanò un doloroso lamento.
Moira ha finito di passare la cera, e si massaggia la schiena, tendendola fino a far risuonare per il Salone vuoto il rumore delle ossa che scrocchiano.
  • Io invece credo che ti piacciano più di quanto tu non voglia ammettere. - replica, prendendo posto accanto all'altra, e accendendosi a sua volta una sigaretta – Questo Salone è stata una tua idea, e credo proprio che sia l'impresa più balzana in cui ci siamo mai imbarcate.
La Nonna grugnisce in risposta, voltando la testa di lato. Ha sempre detestato dover dare ragione a chiunque non abbia la decenza di dichiararsi d'accordo con lei in tutto e per tutto, ma questa volta non può negare che la Madre abbia un pochino – solo un pochino – di ragione. Quel secolo, e quel periodo in particolare, poteva vantare un suo fascino innegabile e una lista illimitata di comodità mai immaginate. Internet, ad esempio. O le poltrone massaggianti. Il microonde, i supermercati, il riscaldamento centralizzato, le soap opera. E pareva offrire ad ognuna di loro qualcosa di cui sembravano avere sempre avuto bisogno senza nemmeno saperlo. Per la prima volta dopo millenni, potevano dirsi tutte ugualmente soddisfatte. A parte Morrigan, che avrebbe sempre trovato un qualche futile motivo per lamentarsi.
  • Non dico che non mi piaccia. - aggiunge Moira, rivolgendo un sorriso al riflesso imbronciato della Nonna, perfettamente visibile in un plurime angolazioni dai vari specchi sparsi per il Salone – Adoro questo posto. Ma visto che siamo quelle che siamo, è un'occupazione che sfiora il paradosso.
  • Bah – fece Norma – Il concetto di paradosso non ci appartiene.
Moira nasconde un ghigno grattandosi la punta del naso. Se Morrigan fosse stata con loro, avrebbe potuto godersi una sua risposta a tono a Norma, e vedere quest'ultima combattuta tra l'indignazione e l'istinto naturale di ogni Nonna, che è quello di viziare la nipote. Un caloroso connubio di affetto e scappellotti.
Il campanello del portone d'entrata annuncia l'arrivo di Guglielmo, che fa il suo ingresso nel Salone trafelato e totalmente inzuppato di pioggia.
  • Guglielmo! - lo assale la Nonna, sbattendo la mano sul bancone e rischiando di fracassare un arriccia-capelli nuovo di pacca – Moira ha appena passato la cera!
  • Se lasciate lo zerbino fuori mentre diluvia, diventa piuttosto inutile cercare di asciugarcisi le scarpe – borbotta il ragazzo, aggiustandosi meglio gli occhiali fradici sul naso.
  • Hai visto tua madre? - gli chiede Moira, facendogli cenno di raggiungerle dietro il bancone, dove una stufetta a gas arde allegra.
Guglielmo esita prima di rispondere, e questo fa sorridere la Madre e fremere la Nonna di sospetto. Il ragazzo ha l'accortezza di abbassare lo sguardo, prima di andarsi ad accomodare accanto alle due donne, facendo propria la poltrona malconcia della madre assente.
  • Non dovreste fumare qui – fa notare, indicando con un ampio gesto del braccio la moltitudine di prodotti per capelli sparsi per il Salone – Questa roba è altamente infiammabile, sapete?
  • Oh, infiammabile. - replica Norma, sminuendo con un solo gesto l'eventualità di un rogo.
  • Voi sarete immortali, ma io sono soltanto resistente. - si acciglia il ragazzo – E morire bruciato non è la fine che mi auguro.
  • Non essere assurdo, Guglielmo – lo rassicura Moira, rimandandogli i capelli all'indietro con una carezza – Sei immortale fino a prova contraria.
  • Io la prova la eviterei proprio. - borbotta lui, senza sottrarsi al tocco della Madre.
Vengono interrotti dal fracasso dei campanelli impazziti e della porta del Salone che sbatte con tanta forza da rischiare di infrangersi. Morrigan li raggiunge in una manciata di secondi e in pochissime falcate che lasciano una scia umida e fangosa sul pavimento lucido.
  • Indovinate!
Allarga le braccia, e l'ampia camicia di flanella le si allarga attorno come il mantello di un supereroe. Anziché averle incollato i capelli al cranio, il maltempo glieli ha gonfiati a dismisura, dandole l'aria di un leoncino dalla criniera fulva che ha appena finito di giocare alla lotta coi fratelli. Il sorriso allegro mette in mostra il piercing colorato sul labbro, e una piccola scheggiatura sull'incisivo destro.
  • Passerai la serata a pulire il Salone per ripagarci della tua improvvida fuga? - ipotizza ironica la Madre, inarcando un sopracciglio.
  • Mah, forse. Ma no, dai, indovinate sul serio. - le esorta nuovamente, agitando le braccia come se volesse prendere il volo.
  • No. - esala la Nonna, con voce sepolcrale. Un lampo di comprensione le era appena passato per lo sguardo, dove ora ardeva il fuoco dell'indignazione anziana.
  • Sì! - risponde la Figlia, battendo le mani.
  • Che cos'è? - domanda Moira con un sospiro, alzando una mano ad accarezzare la Nonna in mezzo alle scapole, dove già sente i muscoli tendersi d'ira funesta.
  • Vi piacerà. - promette Morrigan, avvicinandosi al bancone dal quale si sporgevano le Sorelle e il figlio.
Si sbottona la camicia e abbassa il collo della maglietta, una vetusta t-shirt dei Nirvana. La Nonna balbetta un'imprecazione d'altri tempi, e la Madre trattiene il respiro, di fronte al tatuaggio, nero come le ali di un corvo e lucido di crema idratante.
  • Dai, che vi piace. - continua a sorridere Morrigan.
La Madre torna a riaccomodarsi sulla propria poltrona. Accavalla le gambe, fa aderire la schiena allo poltrona, tira una lunga e silenziosa boccata di fumo. Cerca di dare un senso alla nuova immagine della Figlia, con quel disegno – azzeccato, non può negarlo – che le sarebbe rimasto addosso per i secoli dei secoli. Non sarebbe stato facile abituarsi a vederla con quel coso sotto il collo, ma d'altronde si trattava sempre della Figlia. E la figlia è giovane e impulsiva. Sono le cose stupide che fanno i figli ad averla generata.
La Nonna non l'ha presa altrettanto bene. Boccheggia in cerca d'aria e fissa con gli occhi spalancati il disegno che, a suo dire, deturpa la pelle candida e perfetta di Skuld (ancora non si è abituata a chiamarla Morrigan, e già aveva impiegato anni perché le venisse istintivo chiamarla Skuld piuttosto che Ecate) e si chiede se non ci sia modo di rimediare. Sente l'impulso di afferrare una bottiglia di disinfettante e sfregare via l'inchiostro dalla pelle della ragazza, ma si trattiene.
Si trova ad ammettere che, dopotutto, la ragazza è stata scaltra nella scelta del soggetto.
Luna calante, Luna piena, Luna crescente. S'intrecciano tra il petto e il collo, in linee sottili e sinuose. Un tatuaggio in corsivo, verrebbe da chiamarlo.
  • Beh – commenta infine Moira – Avresti potuto fare molto di peggio.
  • Dovrei offendermi – borbotta Morrigan, rimettendosi a posto la maglietta – Ma è vero. Ho pensato al corvo, anche. E a teschi, draghi e clessidre.
  • Perché i draghi? - chiede Guglielmo, facendo posto a Morrigan sulla sua poltrona. Lei non lo scaccia come fa di solito, ma gli si accomoda accanto e gli mette un braccio attorno alle spalle troppo strette per la sua età.
  • Perché mi piacciono i draghi. Sarebbe stato un tatuaggio cazzuto. Tu quand'è che te ne fai uno?
  • Non mettergli strane idee. - la rimbrotta la Nonna – È già un miracolo che sia venuto su un così bravo ragazzino, vedi di non rovinarlo.
  • Ehi, posso rovinarlo come mi pare e piace – replica Morrigan, stritolandolo in un abbraccio dal quale Guglielmo non sente ancora il bisogno di divincolarsi – La madre biologica sono io.
  • Ma io sono La Madre. - replica Moira, zittendola con uno sguardo – Quindi filate ad asciugarvi e poi scendete a mettere in ordine.
  • Io dovrei studiare. - protesta Guglielmo.
  • Allora metterà a posto soltanto Morrigan. - risolve la Nonna.
La ragazza protesta debolmente, ma senza insistere troppo. È tornata a casa con un tatuaggio di cui non aveva parlato a nessuno – tranne che a Guglielmo, ma non sono cose che si possano tacere al proprio figlio – e non è stata neanche ripresa. Una mezzora di pulizie può anche concederla.
Fuori si è fatto tardi e le strade sono buie. L'insegna ancora accesa – una scritta in neon rosato che risalta fin da lontano – illumina la pioggia.

Salone delle Parche – Per riavvolgere il filo del tempo