Dovreste
vedere la pila di libri finiti da recensire, quella che tengo accanto
al computer. Si è fatta altina. Sopra, una manciata di libri finiti
da poco, in basso altri che, per gravità o per caso, attendono da
mesi di essere oggetto di un post, così da poter essere spostati
sugli scaffali. Non si illudano poi di approdare in porti più
salubri e organizzati, pure gli scaffali sono strabordanti e pieni di
pile. Ma questo i libri non lo sanno. Si preparino a un'amara
scoperta.
Pashazade
di Jon Courtenay Grimwood, tradotto da Chiara Reali,
terza pubblicazione della Zona 42, attendeva in mezzo alla
pila. Il peso dei libri che lo schiacciavano non è riuscito ad
attenuare il rigonfiamento delle pagine, laddove un temporale le ha
infradiciate.
Ordunque,
trattasi del primo romanzo ucronico che leggo. Dicasi ucronica una
storia ambientata nel nostro mondo, nella quale però un avvenimento
storico ha preso tutt'altra piega. In questo caso, la Seconda Guerra
Mondiale non ha mai avuto luogo, l'Impero Ottomano non si è mai
disgregato, gli equilibri mondiali non corrispondono ai nostri.
Se
volessi chiacchierare della trama affidandomi all'ordine cronologico
parlerei di Ashraf al-Mansur – o ZeeZee o Raf, a seconda del
momento – che è appena arrivato a El Iskandryia, in Egitto. Sotto
l'effetto di droghe, scombussolato, maleodorante.
Se
invece mi andasse di collegarmi all'ordine in cui la storia è
raccontata, parlerei dell'ispettore americano Felix che studia il
cadavere di una donna, appena ritrovato nella madrasa di
al-Mansur. E poi dovrei indietreggiare di pochi giorni, osservando
Ashraf a El Iskandryia, fino a trovarmi al punto di partenza, al suo
arrivo. Da lì in poi, si tratta di pochi capitoli, la storia filerà
regolarmente.
Uno
dei motivi per cui Ashraf si trova in Egitto è la macchinazione di
una lontana zia che vuole vederlo sposato alla figlia di una famiglia
ricchissima. Non che Ashraf o la suddetta figlia, Zara, siano
particolarmente d'accordo. Ashraf è quello che è, confuso e pieno
di ombre, con la volpe in testa che gli parla e gli dice cosa
fare. Zara ha studiato all'estero e avrebbe anche voluto rimanerci, e
frequenta di nascosto la parte più mondana e ribelle di El
Iskandyia. Ma il rapporto tra Raf e Zara non è importante, ai fini
della trama. È importante la piccola Hani, la nipote di zia Nafisa,
la donna che ha portato Raf in Egitto. È importante l'omicidio della
donna nel primo capitolo, sono importanti le indagini dell'ispettore
Felix, e soprattutto quelle di Ashraf. È interessante, più che
importante, il passato di Ashraf, quello che ha determinato la sua
fuga. È importante il padre di Ashraf, da cui ha ereditato lo status
di Pashazade, tanto alto da essere quasi intoccabile a El Iskandryia.
Mi
piace come Grimwood ha analizzato le possibilità di evoluzione
dell'Impero Ottomano – e del mondo intero – a partire da un
binario spostato nella nostra linea temporale. Il mondo che racconta
è plausibile, anche coi suoi personaggi sopra le righe e la sua
scienza un po' superiore alla nostra. El Iskandryia è una città
piena di contraddizioni, di distanze immense determinate dalla
posizione sociale, di minaccia e criminalità e di discoteche
sotterranee. Viene da chiedersi cosa succederà a El Iskandryia tra
dieci anni.
Tolta
la questione ucronica, è più un thriller che un romanzo di
fantascienza. Solo che oltre a non sapere cosa è successo alla donna
uccisa, si aggiunge la curiosità per il luogo in cui si sviluppa la
storia. Direi che gli elementi, in questo senso, sono davvero ben
dosati.
Quindi,
lo consiglio? E vorrei vedere. Certo che sì. Plurimamente.