Non
so se avete letto l'entusiasmante notizia, ma ai piani alti si
progetta di cancellare la Legge Levi col nuovo Disegno di Legge
Concorrenza. Così, giusto per affossare meglio gli editori minori e
le librerie indipendenti, che non stavano fallendo con sufficiente
baldanza.
E
dunque, tralasciando le ultime e promettentissime novità, è un po' che mi girella in testa quest'idea, che però sono
un po' restia a discutere pubblicamente. Dopotutto, a voler essere
proprio sinceri, che c'entro io? Pur con tutte le mie velleità
edito-letterarie, resto una lettrice. Una lettrice ossessiva e
fanatica, ma pur sempre una lettrice e nulla più. Mi accingo quindi
a mettere i panni di quella che non ha voce in capitolo né
competenza per parlare, ma parla comunque. M'appresto a diventare
molesta come gli anziani chini sugli scavi che non si limitano
all'osservazione, ma si danno alla critica.
Giovanotto,
non si fa mica così. Ai miei tempi. Va', tutti 'sti attrezzi moderni
quando si potrebbero usare le vanghe. Siam tutti capaci, così.
Orsù,
bando alle ciance, vado a incominciare. Avverto che arrivo al punto
molto tardi, questo post è composto in maggior parte di premesse.
Saltatele, se volete. Sono ovvietà ripetute per completezza.
Sappiamo
tutti che il mercato del libro in Italia si è inceppato già da
diversi anni. Tralasciamo la mancanza di lettori e la pochezza nelle
scelte di tanti grandi editori, facciamo finta che dal lato
editoriale tutto vada come deve andare.
Ora,
c'è un forte problema dal lato dell'offerta. Due ostacoli alla
salute del mercato. Uno dal lato il distributore e uno dal lato delle
librerie.
Il
distributore è il grossista che fa arrivare i libri alle librerie, a
seconda degli ordini di queste ultime. L'inceppo sta nel fatto che
non fanno alcuna promozione. La casa editrice che riesce ad
accaparrarsi un distributore – e non è affatto cosa scontata –
non verrà proposta o consigliata in nessun modo ad alcun libraio. Mi
viene detto che un tempo era diverso, che alcuni distributori
mostravano un fornito inventario ai librai, descrivendo i cataloghi
dei singoli editori, medi e piccoli compresi. E siamo all'inceppo
uno, il silenzio dei distributori sulle loro proposte.
Poi
veniamo alle librerie, l'ostacolo più grave.
Diciamo
che il libraio, al giorno d'oggi, sembra non essere più tenuto a conoscere quello che vende. Per carità, impossibile essere
a conoscenza di ogni novità, di ogni trama di long-seller, di ogni
nuova realtà editoriale. Non lo si può pretendere, impossibile
aspettarselo, tra tutte le migliaia di case editrici italiane. Va
detto però che certi editori spiccano sugli altri, e non sarebbe
male se il libraio ne fosse informato, anche perché, molto
banalmente, si tratta di editori che sanno vendere il proprio
prodotto, e la mancanza del suddetto è una perdita pure per il
libraio.
Non
è assolutamente mia intenzione attaccare la figura del libraio in
toto, lungi da me*. Ci sono quelli che non si informano per
mancanza di tempo, o di voglia, altri perché non riescono a barcamenarsi nel mare di offerte. Alcuni si sono
arresi, ad altri mancano i mezzi, la maggior parte, temo, è
inconsapevole delle proprie mancanze. Ci sono anche le catene i cui
commessi vengono scelti da manager incompetenti che non sanno nulla
di quello che vendono. Vorrei farvi fare un giro in una Feltrinelli
della mia zona, risate assicurate.
Ora,
oltre la sequela di ovvie lamentele, sorge la mia umile idea di
lettrice che nulla ha a che fare con ciò di cui parla. Preparatevi.
Quella che a me pare un'ottima idea, a voi potrà apparire come
un'immensa boiata. Sto rischiando dei follower, qui.
Sappiamo
che in Italia ci sono tante case editrici medio-piccole. Tante. E
sparse su tutto il territorio. A volerle unire come i puntini della
settimana enigmistica, verrebbe fuori una rete fitta e capillare. Non
parlo delle case editrici destinate a rimanere piccole per la propria
pochezza, quelle che la copertina la fanno con Paint e usano comic
sans come font. Parlo di quelle belle davvero, che potrei citare a
decine, certa comunque di averne appena scalfito la superficie. Zona
42, Jo March, Gorilla Sapiens. Già Las Vegas,
Spartaco o Asengard sono più grandi e avviate, ma
assai rare da trovare in libreria.
Il
libraio, complice il distributore che tace sulla varietà della
propria offerta, non ne verrà a conoscenza e non li ordinerà. Anche
i titoli della Nutrimenti o della Nottetempo o della
66thand2nd (che non ho idea di come pronunciare) o Miraggi
sono difficilissimi da trovare sugli scaffali. Un paio di titoli,
magari, gli ultimi usciti. Perfino la Minimum Fax e la Marcos
y Marcos latitano, a fronte di scaffali rigonfi di Einaudi,
Garzanti e Mondadori. Ma avete idea di quanto siano
andati a ruba Desolation Road pubblicato dalla Zona 42
o La storia di una bottega della
Jo March, o la serie di Agatha Raisin della
Astoria quando ancora facevo lo stage in libreria? E non si
trattava soltanto di una questione di mera visibilità o espliciti
consigli da libraia, anche se non nego di averci messo lo zampino,
nella disposizione. È che sono titoli che vendono. Per cura,
per trama, per tutto.
E
quindi, dicevo, la penisola è rigonfia di piccole/medie case
editrici indipendenti. Ovunque. Ne è rigonfia, decine per ogni
regione, pur volendo filtrare a rete fitta per qualità. Putiamo
caso, immaginiamo, ipotizziamo che ognuno di questi editori –
quelli buoni, bravi, meritevoli – decidesse di promuovere con le
librerie della propria zona, non solo la propria casa editrice, ma
anche le altre. Un editore che si mette sotto braccio un catalogo
cartaceo ben fatto, ben stampato, completo della descrizione e dei
contatti delle varie case editrici, e poi va a fare visita ai librai,
per esporre loro le offerte taciute (per tempo o risorse) dai
distributori.
Ipotizziamo
oltre al catalogo cartaceo, un sito internet e un sistema/circuito
funzionante.
Tenendo
conto del fatto che l'irreperibilità di tante case editrici è una
delle ragioni che rendono le librerie online tanto appetibili
rispetto a quelle fisiche, è una proposta tanto assurda e
improbabile? Non si potrebbe fare un tentativo? Costerebbe così
tanto, in termini economici, ripartirsi tra decine di editori le
spese di un sito internet e della stampa di un catalogo? E prendersi la briga di fare un giro per le librerie della propria città a proporre editori davvero belli?
Apprezzo
consigli, commenti e bacchettate. A me la cosa appare piuttosto
fattibile, contenuta nel costo e promettente nel risultato. Sarebbe
bello sapere cosa ne pensano gli editori, però.
*Certamente esistono pure librai (e probabilmente, anche se personalmente non ne ho mai conosciuti, distributori) che fanno ottimamente il loro lavoro di ricerca e proposta. Resta il fatto che è impossibile pure per un libraio competente e volenteroso venire a conoscenza di tutte le proposte editoriali appetibili. E nella maggior parte dei casi, l'offerta ne risente molto.