La
principessa sbagliata di Ester Trasforini – Gainsworth, 2016
Questo
libro l'ho conosciuto grazie a un fortuito intrico di social network.
Avendo conosciuto internettosamente l'autrice da qualche parte tra
facebook e forum scrittevoli, ne ho letto fin da prima che venisse
pubblicato, e la copertina mi era diventata curiosamente familiare
quando è stato il momento di abbrancarlo al Salone del Libro.
Soprattutto, come tanti lettori, pregustavo Fiorenzo.
La
principessa sbagliata riprende uno degli archetipi narrativi più
vecchi del mondo, ma ribaltandolo come un calzino al duplice scopo di
fare riflettere chi è troppo giovane per essersi fatto un'idea sulla
bistrattata questione di genere e fare ridere noialtri che ci
sguazziamo. C'è una principessa rapita e segregata da un terribile
drago, e c'è una conseguente ricompensa per colui che riuscirà a
liberarla. Una ricompensa in denaro e la mano della pulzella. Poi c'è
Gemma, giovane boscaiola che decide di affrontare la perigliosa
missione per potersi appropriare della ricompensa in denaro. Com'è
giusto e ovvio che sia, poco dopo l'incontro con la principessa ci
renderemo conto – e Gemma con noi – che le cose non sono affatto
quelle che sembrano. Cosa che secondo me si capisce già dalla
copertina, che inizialmente me l'aveva fatta valutare non del tutto
positivamente.
La
principessa sbagliata è un romanzo fantasy per ragazzi che parodizza
il fantasy, cosa che personalmente non cesserò mai di gradire. Forse
manca di sottigliezza quando rompe la quarta parete, riempiendo le
scene di stereotipi del fantasy – la frettolosa comparsa di
Gandalf, le battute sull'ascia di Gimli etc – ma qui direi che va
molto a gusti. Io, personalmente, ho gradito molto.
Fiorenzo
è fantastico. Fiorenzo è il personaggio che mi ha convinta del mio
bisogno di questo libro. Uno zombie bigotto e rompiscatole che si
unisce a Gemma e alla “principessa” per ragioni di puritana
improbabilità, e che mi ha ricordato con infiniti moti d'affetto il
contesto di anziani liguri con cui ho trascorso buona parte della mia
vita. Mi fa ancora un po' strano, qui a Torino, quando gli anziani mi
ringraziano per aver tenuto loro aperta la porta. Non ci sono
abituata.
Di
metallo e stelle – L'apprendista di Leonardo di Luca Tarenzi –
Gainsworth, 2016
Che
io adori Luca Tarenzi, narrativamente e umanamente, è cosa ormai
nota. Ne ho chiacchierato qui, qui e qui per poi
intervistarlo qui. Si tratta di post vecchiotti, ma di cui
ribadisco i contenuti ciclicamente. Peraltro, avendo assistito a una
conferenza fin troppo breve qualche giorno fa durante Vaporosamente,
cui partecipavano anche Julia Senna e Aislinn
(anch'ella notoriamente nel mio personale Olimpo del fantasy
italiano), ho scoperto che Di metallo e stelle si ricollega a una
specifica branca dello steampunk denominata “clockwork punk”, che
si differenzia dallo steampunk come viene genericamente inteso per
una tecnologia che non si appoggia all'uso del vapore, bensì della
meccanica. Nel clockwork punk, Leonardo Da Vinci è un po' l'eroe
designato della situazione.
Ancora
non ho detto nulla riguardo alla trama, però. È il 1499 e ci
troviamo nel Castello Sforzesco dal quale Ludovico Sforza domina
Milano. Giacomo da Vimercate ha diciassette anni, è l'allievo di
Leonardo e sta terminando di dipingere il ritratto di Cecilia
Gallerani, meglio nota come La dama con l'ermellino. Nel frattempo il
Castello subisce la minaccia esterna di un'invasione francese e la
minaccia interna di un assassino senza volto. Il libro si apre così,
con il tonfo di un soldato che cade dalle mura e dal ritrovamento del
suo cadavere.
Va
da sé che Leonardo è collegato al mistero, e che Giacomo, il
protagonista e narratore, intende fare luce sulla morte dei
disgraziati e sulla strana creatura che ha visto arrampicarsi sulle
mura esterne di una torre. Difficile dire di più senza svelare
troppo.
È
un libro semplice, forse perfino troppo, nella costruzione; la trama
si svolge con naturalezza, senza intoppi. La storia d'amore tra
Giacomo e Cecilia, il rapporto tra Giacomo e Leonardo, il rapporto
tra Giacomo e la creatura. Quello che ho sinceramente adorato di
questo romanzo è l'uso dell'alchimia, più che della meccanica,
descritta con le invenzioni ipotizzate ma mai realizzate da Leonardo.
Non posso dire granché, ma ammetto che mi ha fatto venire voglia di
approfondire tematiche che, in gioventù, ho soltanto scalfito.
(È
un romanzo di Tarenzi, il consiglio è praticamente sottinteso.)