Dunque,
Il condominio di James Graham Ballard, edito in Italia da Feltrinelli
nella traduzione di Paolo Lagorio. Ballard mi dà la sensazione di
essere uno di quegli autori che prima o poi bisogna leggere, accanto
a Roth e a McCarthy. Meno famoso, magari, almeno in Italia. Però è
un nome che spunta ogni tanto, e ogni volta pungola come a dire “Ma
che, ancora non mi hai letto? E che aspetti?”
Il
condominio, dicevo. Non è facile definirlo, inquadrarlo in un
genere. È un romanzo distopico, questo sì, ma ambientato in una Londra che
pare dei giorni nostri. È una distopia che si svolge interamente
nella bolla di un grattacielo di quaranta piani e mille appartamenti,
che lascia intonso il mondo al di fuori. È impossibile parlarne
senza fare cenno a Il signore delle mosche. Solo che nell'opera di
William Golding la ristrettissima società dei naufraghi pare
sbriciolarsi a causa dell'età giovanissima dei personaggi, che
ancora non hanno incanalato in sé le regole del vivere civile. Nel
grattacielo descritto da Ballard i personaggi sono adulti, tutti
persone di successo appartenenti all'alta borghesia. Il caos che si
prepara per settimane e poi esplode, il ritorno al selvaggio, il
rifiuto della civiltà, sono tutte sfide che l'autore ci presenta
attraverso personaggi che dovrebbero essere migliori di noi, più
controllati, con l'etichetta e l'educazione a muoverli prima di ogni
altra cosa. Un'altra decisiva differenza dal capolavoro di Golding è l'impossibilità dei giovanissimi naufraghi di lasciare l'isola in cui sono praticamente intrappolati; se ne avessero la possibilità, forse scapperebbero, tornerebbero alla civiltà. I personaggi di Ballard, al contrario, sono perfettamente in grado di lasciare il condominio. Sono persone adulte, nel pieno controllo della propria vita e delle proprie scelte. Restare nel condominio, nonostante i disagi sempre crescenti e il pericolo reale, è una deliberata decisione.
Dunque,
vediamo.
Il
romanzo segue da vicino le vicende di tre personaggi, ognuno a
rappresentare il suo grado sociale, dovuto al piano occupato nel
grattacielo. Per i piani inferiori c'è Wilder, un ex-pugile e
giornalista d'inchiesta, un uomo grande e grosso, taurino, che vive
con la moglie e due figli. Per i piani intermedi, e con lui si apre e
chiude il romanzo, c'è Laing, un dottore che insegna all'università.
Per i piani superiori abbiamo lo stesso architetto che ha progettato
il complesso residenziale, Anthony Royal. La suddivisione del
grattacielo suddivisa in piani è un chiarissimo rimando alla
divisione in classi sociali, e questo è palese anche nelle modalità
di interazione tra le diverse parti che entreranno in lotta tra loro.
Non è un caso, credo, che proprio ai piani bassi, quelli della
classe più bassa, siano relegate le famiglie con figli,
letteralmente il “proletariato”.
Dicevo,
che succede in questo enorme condominio? Qual è l'origine del
contesto distopico, in un ambiente che dovrebbe essere tranquillo e
controllato, che il peggio dovrebbe essere un litigio nella riunione
di condominio, o uno spruzzo di urina di cane nell'ascensore? I
black-out. Il tradimento della tecnologia che inizia a fallire,
dall'interruzione della corrente ai problemi alle tubature, gli
ascensori che si guastano, l'aria condizionata che funziona solo a
tratti. Sembrano strani pretesti per l'orrore, eppure funzionano. Il
graduale cambiamento nella psicologia dei personaggi viene seguito da
vicino, ed è un ritorno al tribale, alle rivalità tra clan,
l'abbandono della logica e del quieto vivere. Nel contesto violento e
pericoloso del grattacielo, i condomini trovano qualcosa di più. E
lo trovano bello.
Il
condominio non è un libro da consigliare. È già consigliato a
prescindere, di default.