Qualche titolo e un paio di fatti miei

Dicevo, nello scorso post, che negli ultimi tempi ho letto un sacco, il che è bene, ma pure che ho avuto pochissimo tempo per chiacchierare qui delle letture che si sono succedute, il che è male, malissimo. Mentre termino quella meraviglia che è Tutto cambia, ultimo volume della saga dei Cazalet di Elizabeth Jane Howard – che ne sarà della mia vita senza Clary, Polly e gli altri proprio non lo so, ma comunque – mi sovviene dunque l'esigenza di elencarvi qui un paio di titoli e un paio di cose esterne.
Ma veloce come una faina, poiché come al solito il tempo è un tiranno di quelli veramente infami.

  1. Ho terminato la lettura di Warlock di Oakley Hall, tradotto da Tommaso Pincio e edito da Sur, nell'ammirevole collana Big Sur. Che dire? È una figata. È uno western, un genere che ignoravo di poter amare visceralmente. Tutte quelle cose su uomini, onore, quello che va fatto, quello che è giusto. Anche se poi noi dalla nostra prospettiva di persone nate e cresciute in un contesto di legalità non è che stiamo ad arrovellarci su dove posizionare quella linea di sangue tra libertà e giustizia, ma comunque. Una meraviglia.
  2. Zia Julia e lo scribacchino è stato il mio primo incontro con Mario Vargas Llosa e, come vale per buona parte degli scrittori così famosi e acclamati che “prima o poi dovrai leggere per forza”, non avevo idea di cosa aspettarmi. Ho scoperto di avere un debole per la letteratura latino-americana con Umami di Laia Jufresa, ho continuato con Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez. E avevano entrambi quel sottofondo di poesia e candore che, non so, ho ipotizzato potesse trovarsi in tutta la letteratura del sotto-Texas. Invece il libro di Llosa è buffo, divertente, lineare pure nell'accapigliarsi delle storie che “lo scribacchino” lancia sul suo pubblico e su noi lettori. La storia di Mario, un diciottenne con alte velleità letterarie che lavora per una radio peruviana e si innamora della bellissima zia Julia, divorziata trentaduenne. Le loro vicissitudini inframezzate dai racconti radiofonici del folle e geniale Pedro Camacho, che ricalcano nella loro assurdità la mente del loro autore.
  3. I sette pazzi di Roberto Arlt, una vera follia che non ho capito del tutto e in cui a tratti mi perdevo, e non nel senso buono. Perché il protagonista si muove senza meta all'interno della propria esistenza, una pallina troppo leggera sballottata dal fato in mezzo a personaggi improbabili, talvolta violenti, spesso tristi e/o dolorosamente squallidi. E piani dittatoriali per la conquista del mondo. Bello, strano. Forse l'avrei apprezzato di più se l'avessi letto in un altro momento, ecco.
  4. Le cose che restano di Jenny Offill è stato un viaggio dolceamaro fatto di innocenza, speranza e rimpianti. Eppure c'era tanta luce, e la lettura è stata svelta e appassionata. Una bambina che racconta della sua famiglia che pare inizialmente un sogno a occhi aperti, l'infanzia che tutti vorremmo. E poi si scoprono quei pezzi ben lungi dalla perfezione nei legami familiari, quell'eccesso nei comportamenti della madre, quell'insieme di stonature che poco a poco portano alla realizzazione che una vita da sogno nella realtà nasconde sempre un pizzico di incubo.
  5. Ho letto Candido di Voltaire su deciso suggerimento di una collega in biblioteca. Una scelta un po' narcisistica e autoreferenziale, visto che la suddetta collega mi ha convinta con le parole “Ti somiglia un sacco.” Poi l'ho letto, e ho scoperto che Candido non è “candido”, è proprio stupido. E omicida, stolto e orrendamente fortunato, almeno quanto perseguitato da un'infausta dose di karma per le sue malefatte. Assai rocambolesco, un sacco divertente.
    Ma ehi, non mi somiglia.
  6. Negli ultimi tempi ho peraltro preso a scrivere su Pennematte, e ivi ne approfitto per linkare uno degli ultimi post, un'intervista a cui tengo molto, fatta alla casa editrice Gainsworth Publishing. Che merita. Vi invito caldamente a leggere l'intervista, e a considerare l'idea di sbirciare il catalogo.
  7. Ho iniziato a seguire le lezioni in università; col senno dell'ora, sono pienamente soddisfatta della mia scelta. E lieta di aver trovato il coraggio di fare il salto.


E ora corro a cercare un regalo per il compleanno di mio padre. In libreria, manco a dirlo. Forse Georgette Heyer.