Intervista ad Alessandro Lana, libraio - Il terzo luogo


E alla fine, eccomi a condividere un'intervista che aveva avuto luogo mesi fa, forse a Settembre. Ne avevo parlato qui, tanto per rinfrescarvi la memoria. Perché ho aspettato così tanto? Non lo so. Inizialmente avevo avuto dei problemi col file audio, poi ho rimandato la trascrizione e quindi ho disertato la correzione. Non so bene perché, dopotutto non è che non avessi tempo. Solo che sentivo che non era ancora arrivato il momento. Almeno fino a stamattina quando, mentre mi insaponavo i capelli sotto la doccia, mi è scattato dentro un ingranaggio, come se la lancetta del mio tempo si fosse fermata su 'Adesso'.
Prima dell'intervista, però, vorrei dire due parole.
Mi piaceva Il terzo luogo, anche se quando ha aperto mi ero appena trasferita a Milano e ha chiuso quando non ero tornata che da pochi mesi. Una libreria grande, di diverse stanze, però non ingombra di libri. I volumi erano rilassati, adagiati l'uno contro l'altro come se si chinassero a bisbigliarsi qualcosa con calma, certi che prima o poi sarebbero stati scelti. È in quella libreria che avevo scorto per la prima volta un libro della Marcos y Marcos, della Isbn Edizioni, perfino della Elliot. Era una libreria che credeva nei libri, che sentiva e presagiva. Una macchinetta del caffè, un tavolo e delle sedie. E odore di pagine.
Voi che state a Torino, sappiate che siete fortunati. Il terzo luogo si è spostato da voi, insieme al suo libraio e, confido, insieme all'anima che abitava quella libreria. E se trovate che le mie recensioni siano almeno un poco attendibili, sappiate che consiglio largamente e con tutto il mio essere di lettrice anche questa libreria.
Ma via, iniziamo.

Intervista con Alessandro Lana, libraio.

Da dove viene il nome della libreria, Il terzo luogo?

Quattro anni fa è uscito un libro, Le piazze del Sapere. Parlava delle nuove biblioteche che si stavano formando, non soltanto archivi o depositi di libri per consultazione, ma anche luogo di socialità e d'incontro, luoghi di cultura, teatro, musica, a volte anche con possibilità di ristorazione... Diventava, come dire, un 'terzo luogo', secondo una definizione sociologica che vuole come primo luogo la casa, il secondo il lavoro e il terzo uno spazio ulteriore che riprende un po' casa, un luogo di elezione in cui ci si trova a proprio agio in compagnia di persone non ancora conosciute, in cui ci si ritrova per fare cose che si amano. Banalmente, attorno a un tavolo, come in una caffetteria...
Poi beh, c'è un discorso sociologico che parte dagli Stati Uniti. Oggi gli Starbucks si definiscono i terzi luoghi dove bere il caffè. Volevamo fare anche noi qualcosa del genere, ma non è stato possibile, per via dei regolamenti troppo stringenti.

Quali sono state le sue esperienze precedenti in questo campo?

In campo libreria, beh, sono stato nell'Arci come presidente di circolo, gestivo una piccola biblioetca con libri regalati, presentazioni e incontri con autori, in qualche caso anche vendita... Poi però ho cominciato a lavorare prima in ambito commerciale in una casa editrice e poi ho iniziato in una libreria in centro a Torino. Non sono tantissime, ma...

Qualche progetto a Torino?

Stiamo per rilevare questa piccola libreria in via Po vicino alla Mole, per creare una libreria che sia anche luogo d'incontro e sede di un'associazione francofila. Sarà improntata sia sulla proposta delle novità ma anche sul concetto di libro fisico come 'bello'. Recuperare la bellezza del libro, reminders d'alto livello, d'arte ma non solo. Libri come la Corraini. Il discorso materico del libro. E subito dopo collaboreremo all'apertura di una libreria di quartiere con altre persone, in zona Borgo d'Ora.

Come siete stati accolti dal pubblico?

Beh, considerando che siamo arrivati dal nulla e che non conoscevamo nessuno, non avevamo appoggio, niente di niente, direi bene. Già in questi 3-4 anni fa abbiamo costruito piano piano molta curiosità e attrazione. Contare quanti fossero i clienti, molti o pochi, è difficile dirlo. Ma un certo numero di persone cercava di avvicinarsi, anche per la particolarità del negozio. Pare che sia accogliente, per l'atmosfera, ma anche per le proposte che riguardavano gli incontri, le attività promosse... e poi magari quelli un po' più esigenti che chiedevano libri particolari, che qui potevano trovare quello che cercavano, anche attraverso l'ordinazione. Non ho fatto nulla di speciale. Negli anni abbiamo creato un giro discreto, però in questo difficile periodo economico anche Sarzana ha perso la forza commerciale, turistica e attrattiva. E lo paghiamo tutti.

Come avviene la scelta dei libri?

Normalmete alle librerie di catena, così come a molte librerie indipendenti, i libri arrivano preoconfezionati. Loro segnalano le vendite e in automatico arrivano i rifornimenti in base al venduto. Raramente riescono a proporre, non scelgono più i libri che arrivano. Invece noi li scegliamo, in parte anche su segnalazione dei clienti.

Qui avete molti libri di case editrici piccole e poco conosciute...

Alcune case editrici si propongono, altre siamo noi a cercarle, in certi casi le propongono i distributori. Avremmo voluto averne di più, ma è un lavoro un po' complicato, è difficile. Comunque ci siamo trovati bene quasi con tutte.

Qualche considerazione sulla condizione dell'editoria in Italia?

L'itala è uno dei paesi occidentali che legge di meno. Io vengo dal sud, lì ci sono ragazzi che non sanno neanche cosa sia una libreria. Uno dei problemi maggiori è il fatto che ci siano poche librerie. Non chiudono perché sono troppe, ma perché sono pochissime. Più librerie ci sono e più libri si vendono. In Italia il problema è la concentazione che c'è tra produzione, distribuzione e dettaglio. Ci sono dei gruppi che dettano le regole del mercato, gruppi come Mondadori e Feltrinelli che controllano tutto e quindi hanno un potere enorme. Questo comporta il fatto che le librerie indipendenti siano state appena scavalcate di numero dalle librere di catena. Stiamo andando verso l'omologazione totale delle proposte e una fetta importante di lettori resterà insoddisfatta.

Quale dovrebbe essere secondo lei il ruolo del libraio?

Il ruolo del libraio soprattutto oggi dovrebbe essere più che mai quello di filtro tra il libro e il lettore. Dare al libro quel valore in più che non si trova al supermercato. Deve consigliare, suggerire, intuire le preferenze del cliente e dargli un servizio sempre elevato in modo tale che non sia tentato da uno sconticino in più ad andarselo a prendere su Internet o in catena. Che anche in certe librerie di catena il servizio può essere ottimo, ma sappiamo che talvolta non è così. Spesso non vi si trova un libraio vero dentro, né un commesso veramente preparato. Non è una figura che si inventa dall'oggi al domani, no?



L'intervista finisce qui e io mi guardo bene dall'aggiungere altro.
A presto.