
Sì, mi è
piaciuto, se ci fosse ancora bisogno di esplicitarlo. Mi è piaciuto
un sacco.
La
felicità domestica dell'amico Tolstoj, dunque, edito da Fazi
nella traduzione di Clemente Rebora.
La storia è
semplice, piccola. Siamo nella campagna russa, c'è una famiglia
senza genitori. Mascia, la narratrice e protagonista, splendida
diciassettenne, e la sorellina minore, Sonia. C'è l'anziana
bambinaia Katia, e il vuoto di una madre scomparsa da poco. Il
romanzo inizia con la solitudine della campagna, col silenzio, con
Mascia che si sta lasciando sotterrare dall'immobilità di una
routine che la fa tremare perché è ben consapevole che il mondo,
lontano da lei, continua a girare.
Poi arriva
un vecchio amico di famiglia, che aiuterà le due ragazze ad
amministrare i loro beni e terrà più o meno d'occhio che tutto vada
bene. Trattasi di Serghièi Mikhailovic, un circa trentacinquenne
amante della calma vita di campagna, acculturato, interessante; una
persona assai piacevole in un sacco di modi.
Ora, io le
quarte di copertina non le leggo. Mi rifiuto. La continuazione della
vicenda è chiara già dal titolo, ma non sempre è detto quello che
un libro sembra volerci dire; gli autori possono anche volerci
sorprenderci, sviare, prenderci a mazzolate il cranio con un
ribaltamento di prospettiva e farci sentire sciocchi e gabbati come i
personaggi cui è affidata la narrazione. Non si può mai dire.
Quindi sulla trama non dico altro, anche perché il centro del
romanzo non è esattamente la trama. Non lo credo.
È più la
questione del cambiamento, della crescita e della maturazione umana a
interessare il caro Lev. Come una stessa situazione possa cambiare a
seconda del momento, come i desideri possano mutare nel corso di
poche settimane, l'incertezza che non possiamo non portarci dentro, e
che spesso ci teniamo nascosta, su quali saranno le nostre brame a
due giorni da adesso. È questo il punto, credo.
Dicevo
all'inizio della traduzione; ecco, mi capita talvolta di lamentare
traduzioni malriuscite – vuoi per i calchi, vuoi per la sintassi
non adattata, ci sono un sacco di strade sbagliate, - soprattutto
dall'inglese, lingua con cui mi sento totalmente a mio agio. Ecco,
col russo la faccenda è assai più complicata, visto che non vado
più in là di “niet”, “da” e “Perestrojka”. Eppure in
questo caso mi sento di dire che la traduzione sia davvero ben fatta.
Lo dico perché ha personalità: è particolare, ha un ritmo tutto
suo, un tono riconoscibile, è la voce di Mascia e ci aiuta a
conoscerla. È enfatica, intensa come è la lingua di una ragazza
giovane ed emotiva. Ed è bella, in qualche modo è davvero bella, e
non sono stati pochi i momenti in cui sono andata indietro a
rileggere per intero un capoverso e rigodermelo appieno.
C'è davvero
bisogno che io consigli esplicitamente questo libro? Forse. Io l'ho
adorato, ma chi cerca storie movimentate e avventurose farebbe meglio
a guardare altrove. Anche se trovo che ci siano poche vicende più
avventurose di quanto avviene nell'animo di una fanciulla.