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Una
cosa che amo della Gaskell è che ogni libro è diverso dagli altri.
Nord e Sud, che pure rimane il mio preferito, ha qualcosa di
Charlotte Bronte e qualcosa di Jane Austen, e un contesto sociale più
ricco e variegato. Gli innamorati di Sylvia mi ha ricordato
molto George Eliot, anche per il numero e l'approfondimento dei suoi
personaggi. Mogli e figlie ho difficoltà a paragonarlo ad altri
libri. Né alle sorelle Bronte né alla Eliot. Un libro che è
completamente suo, e che disgraziatamente è anche l'ultimo. Manca
infatti l'ultimissimo capitolo, in cui i nodi che sono fortunatamente
venuti al pettine nel penultimo avrebbero dovuto essere sanciti
ufficialmente. La postfazione dell'editore rivela il finale che Mogli
e figlie avrebbe avuto, e che tuttavia era già chiaro.
L'interruzione è improvvisa, ma non brusca. Mancano giusto quelle
poche pagine in cui non succede molto, e che il resto del libro fa
presagire fin dall'inizio.
Dunque,
la trama.
In
un villaggio inglese chiamato Hollingford vivono il dottor Gibson e
la figlia Molly. La madre è morta quando Molly aveva soltanto tre
anni, ma Mr. Gibson è sempre stato un padre affettuoso e amorevole,
di modo che la ragazza non ha mai sentito la mancanza di una figura
materna. È felice, dopotutto. È una brava ragazza, la giusta
protagonista di un romanzo vittoriano, anche se spesso non è in
grado di frenare la lingua, il che le porta più simpatie che
antipatie. Tuttavia, quando la figlia compie diciassette anni, Mr Gibson decide comunque di risposarsi, pensando così di poterle assicurare una guida nel mondo adulto. La scelta ricade sull'ex istitutrice
della nobile famiglia locale, i Cumnor, l'ancora piacente Clare
Kirkpatrick, rimasta vedova dopo la malattia del marito, che l'ha
lasciata con una figlia della stessa età di Molly.

Cynthia
però è un personaggio meraviglioso, incredibilmente moderno, sia
per carattere che per caratterizzazione. Il modo in cui si rapporta e
si racconta a Molly, con la quale instaura una bellissima amicizia,
il suo orgoglio bruciante, la sua indipendenza. Credo che sia uno dei
personaggi più riusciti nella letteratura vittoriana, e non esagero.
So che non esagero. E il legame con Molly è veramente meraviglioso. L'una adora l'altra sinceramente, iniziano fin da subito a volersi bene e a supportarsi, nonostante abbiano entrambe abbastanza motivi per invidiare a morte l'altra.
Un
altro aspetto che ho particolarmente apprezzato, presente anche negli
altri romanzi della Gaskell, e che tuttavia ho sentito più
chiaramente in questo, è l'assenza di giudizio per le debolezze e le
meschinità dei personaggi. Non trovo dei veri e propri antagonisti
in questo romanzo. Certo, c'è un personaggio particolarmente
ostinato le cui azioni sono sicuramente malvagie e dettate da puro
egoismo, eppure non mi sento di definirlo come un “cattivo”,
piuttosto come umano nel senso peggiore del termine. Le persone si
fanno del male a vicenda continuamente, volontariamente o meno, e
questo la Gaskell lo sa. Ci sono personaggi che infliggono ad altri,
e contemporaneamente a se stessi, sofferenze enormi e dolorosamente
evitabili, e di cattivo non hanno nulla. Sono solo sciocche, o
cieche, o deboli. Trovo che il personaggio di Clare, seconda moglie
di Mr. Gibson, sia un perfetto esempio. È un po' limitata,
opportunista, arrivista, superficiale. Ma non è cattiva, è solo la
persona che è, e a modo suo fa perfino del suo meglio.
E
non so che altro dire, se non che ho amato questo libro. E che spero
vivamente che le Jo March portino in Italia ancora quei pochi titoli
che mancano per completare la bibliografia della Gaskell, che è agli
sgoccioli ma non è ancora completa. E io la bramo.
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