Lo
ammetto, prima della rivoluzione di cui chiacchiero – o meglio,
chiedo chiacchiere a Patricia – non avevo una particolare
predisposizione per Sonzogno. Non avevo proprio particolari opinioni
a riguardo, la trovavo simile a tante altre case editrici generaliste
il cui catalogo mi appare una nebulosa priva di scheletro e
struttura. Poi c'è stato il colpo di reni e Sonzogno è diventata
qualcosa di bello e interessante. Ho letto un buon tot dei loro
titoli, e ne ho doverosamente chiacchierato qui, qui, qui e
probabilmente in altri post che non sto a rivangare.
Ringrazio
moltissimo Patricia Chendi per la disponibilità e Valentina,
l'ufficio stampa che ci ha messe in contatto – e che non mi manda a
quel paese quando ci metto settimane a rispondere a una mail. Al
prossimo Salone del Libro vi porterò caffé e brioche, promesso.
Buongiorno
Patricia, e grazie per aver accettato l'intervista come portavoce di
Sonzogno. Per cominciare, vorrebbe raccontarci come è iniziato il
suo rapporto con la casa editrice?
È
stato sei anni fa. Lavoravo come editor alla Sperling & Kupfer
(dopo aver lavorato alla Baldini & Castoldi) quando la mia amica
Maria Giulia Castagnone, all’epoca direttore editoriale Piemme, mi
ha segnalato a Cesare De Michelis che cercava qualcuno che si
occupasse del marchio Sonzogno che lui aveva appena acquistato. Era
tutto molto avventuroso: bisognava ricostruire un catalogo
praticamente da zero e trasferirsi (almeno per qualche giorno alla
settimana) a Venezia. Ho accettato di slancio.
Negli
ultimi anni Sonzogno è stata oggetto di un rinnovamento sostanziale,
che ha comportato la nascita di nuove collane, un'innovazione della
linea editoriale e, non ultimo, un completo (e a mio dire
riuscitissimo) restyling grafico. È stato difficile apportare
modifiche così importanti a una casa editrice con una storia così
lunga alle spalle?
Grazie
per il “riuscitissimo”. In effetti c’è voluto un po’ di
tempo e di sperimentazioni prima di chiarirci le idee, capire che
tipo di fisionomia volessimo dare alla casa editrice e, di
conseguenza, optare per un’immagine grafica che corrispondesse al
nostro progetto: offrire un prodotto altamente leggibile ma di
qualità. I bravissimi grafici dello studio Tapiro hanno interpretato
benissimo questa nostra ispirazione utilizzando per la narrativa
delle matite davvero fresche e contemporanee e per la varia
inventando dei progetti ad hoc con dei font talvolta disegnati a
mano.
Può
raccontarci il processo di rivoluzione di Sonzogno? Cos'è cambiato?
E com'è stata la transizione dall'interno?
Eravamo
partiti con l’idea di rivolgerci soprattutto a un pubblico
femminile e di massa, strada facendo ci siamo resi conto che quel
pubblico era molto cambiato, era diventato più esigente e non voleva
essere rinchiuso nel “ghetto” della letteratura rosa. Quando
entravo in libreria e vedevo tutte quelle copertine vaporose e tutte
uguali, che già da lontano promettevano il lieto fine, mi dicevo:
ecco, così non li voglio fare. Trovare il linguaggio giusto, però,
non sempre è facile, soprattutto quando si lavora in gruppo e c’è
sempre qualcuno che ti rimprovera di aver scelto un libro troppo
“alto”, dimenticandosi che il lettore oggi quando va in libreria
per scegliere un prodotto c’è un livello di qualità sotto al
quale non intende scendere.
E
se un lettore non conoscesse Sonzogno, quale libro gli consiglierebbe
per presentargli la casa editrice? Qual è secondo lei il vostro
titolo più rappresentativo?
A
un tale lettore, se ha voglia di un romanzo, gli consiglierei di
cominciare con L’estate del bene e del male, un’inquietante
suspense dell’americana Miranda Beverly Whittermore;
se invece vuole un saggio, lo indirizzerei senz’altro alla
bellissima trilogia di Giorgio Ieranò dedicata agli dei e agli eroi
della mitologia greca.
La
collana Bittersweet curata da Irene Bignardi
ha lo scopo di recuperare romanzi ingiustamente “dimenticati”. Ne
sono esempio Tanto gentile e tanto onesta di Gaia
Servadio, La matriarca di G. B. Stern
e La garçonne di Victor Margueritte.
Vorrebbe raccontarci cosa ha portato Sonzogno a dedicare un'intera
collana a questo tipo di pubblicazioni?
Nell’editoria
oggi c’è una ricerca spasmodica di novità ad ogni costo. In
questo modo, purtroppo, diventa praticamente impossibile trovare
libri che sono stati importanti per le generazioni delle nostre madri
e delle nostre nonne e che hanno ancora molto da dirci. Naturalmente,
per la collana Bittersweet ci siamo concentrati soprattutto su
opere con un taglio “femminile”.
Sia
all'interno della collana Bittersweet che nella
collana dedicata alla narrativa contemporanea, paiono prevalere
romanzi che hanno per protagoniste donne forti e indipendenti, con
prese di posizione piuttosto esplicite riguardo la parità di genere;
Florence Gordon di Brian Morton ad
esempio racconta la storia di una femminista dai modi taglienti e
dalle forti prese di posizione. Allo stesso tempo, nella collana di
saggistica, vengono pubblicati i saggi di Costanza Miriano,
la cui posizione sul ruolo della donna sembrerebbe l'antitesi
dell'emancipazione propugnata dalle ormai tipiche protagoniste
Sonzogno. Proprio in considerazione del lavoro dietro la costruzione
di un'identità editoriale coerente e uniforme, trovo curioso che due
punti di vista tanto diversi possano coesistere in una stessa casa
editrice. Le va di darci la sua personale opinione della cosa?
Specifico che non sto facendo questa domanda con toni accusatori,
ogni opinione è lecita, finché non è forzata.
Penso
che il dibattito sulla condizione femminile – contenuto sia in
testi letterari, sia in testi saggistici – sia uno dei temi più
interessanti e controversi con cui ci troviamo a fare i conti. Su
questi problemi la casa editrice non ha una sua “linea”. O
meglio, la nostra linea è di trovare opinioni forti, espresse in
modo chiaro, e anche polemico, in un senso e nell’altro, perché il
lettore possa rendersi conto da solo di quanto radicale e piena di
implicazioni sia la posta in gioco. Le idee devono circolare e, se
necessario, anche cozzare. Non vogliamo chiuderci in una dimensione
conformista.
Può
farci qualche anticipazione sulle prossime uscite Sonzogno?
A
settembre pubblicheremo un libro che, sulla condizione femminile,
fornirà un ennesimo punto di vista, originale e provocatorio:
Zitelle (titolo originale, Spinster) di Kate Bolick, un testo
che ha molto fatto discutere lo scorso anno in America. L’autrice,
raccontandoci la sua educazione sentimentale, spiega la sua scelta -
condivisa ormai dalla maggioranza delle donne americane – di non
sposarsi. Una volta essere zitelle era una condanna, oggi è una
condizione che può essere esibita con orgoglio come forma di
libertà. Tanto più che, come suggerisce maliziosamente la Bolick,
non c’è nemmeno bisogno di essere single per appartenere al club:
ci si può sentire zitelle dentro.
Una
domanda cui tengo molto e che faccio ad ogni intervista: ci sono
state delle esperienze editoriali assurde e divertenti che si possano
condividere?
Ce
ne sono, senz’altro, non poche. Ma nessuna che possa condividere in
pubblico. Quando ci incontreremo, a tu per tu, magari te ne racconto
qualcuna.
Questa
è una domanda di rigore. Qual è la sua opinione sullo stato
dell'editoria in Italia?